[Netflix] Bojack Horseman [Recensione]
Se avete Netflix, con ogni probabilità avrete intravisto il rettangolino d’anteprima di Bojack zompare fuori qua e la.
Almeno, a me è capitato di “conoscerlo” anzitutto così…e l’impressione istintiva, a pelle era delle peggiori:
“un altro comedy cartoon con volgarità gratuite, disegnato male e umorismo random”
Sì, in pratica a naso pensavo che Bojack fosse un qualche prodotto derivato dallo stile Seth McFarlane…
bene: nulla di più errato, poiché Bojack è una delle serie più drammatiche, introspettive, originali e potenti degli ultimi anni.
Approccio
Fermo sulle mie convinzioni superficiali di cui sopra, alla fine ho ceduto solo perchè il nostro buon vecchio Arc di quartiere ha insistito (grazie!), quindi ho concesso a Bojack un’opportunità.
E miseria nera, mi ha ipnotizzato.
Graduale
Non subito, intendiamoci:
i primi episodi di Bojack, nonché moltissime sottotrame di prima e seconda stagione lasciano un po’ il tempo che trovano.
Anzi, forse possono dare un’ulteriore impressione sbagliata:
Appurato fin da subito che non vi è traccia di McFarlanismo, uno potrebbe prenderla come una serie intellettualle radical-chic con interessanti punte di humor nero e satira sullo showbiz hollywoodiano…e in parte Bojack Horseman sicuramente è anche tutte queste cose, soprattutto nelle fasi iniziali.
Il punto è che, dietro tutto questo, c’è della caustica poesia vomitata fuori in un modo che manderebbe in sollucchero il meglio Chuck Palahniuk
Ego, Depressione, Autodistruttività
In verità, la traccia è sempre lì:
la sensazione che esista qualcosa di molto più profondo dietro questa maschera satirico-grottesca è ben percebilie sin dalle prime battute, se si fa bene attenzione…
E, prima di rendersene pienamente conto, viene tutta fuori con dei dialoghi scritti in modo semplicemente superbo, monologhi messi a tradimento dove meno te lo aspetti e situazioni scomode che però rivelano colpi di scena perfettamente sensati e funzionali alla trama, non figli di scelte forzate.
Concept spiccio
Bojack è un attore che ha sfondato grazie alla classica sitcom anni ‘90:
Oggi è un ricchissimo alcolista cinquantenne senza prospettive di carriera, con una contorta relazione con la sua agente ed un unico amico: Todd, l’amorevole fallito che da cinque anni ha messo radici sul suo divano.
Altro da dire? Beh, che Bojack è un cavallo, l’agente una gatta rosa e che in generale l’universo della serie contempla in modo divertente e parecchio intelligente l’esistenza di animali antropomorfi (l’episodio nella città subacquea è qualcosa di spettacoloso, tanto per dirne una).
Sentiment
Ho ritrovato parecchio di Birdman in Bojack Horseman, ma anche di me stesso.
Probabilmente, anche del discorso che facevo qualche settimana fa a proposito de Labadessa e del bisogno di “evadere”…
Sarà un caso, ma il fatto che Raphael Bob-Waksberg (l’autore della serie) sia un classe ‘84 per me la dice lunga su quella famosa sensazione di disagio e disperazione, un Mostro noto molto bene a quelli che in questo periodo girano attorno ai 30 anni (ma non solo).
Conclusioni
Non saprei dire se consigliarla oppure no:
è un prodotto d’indubbia qualità e con una scrittura avvolgente, ispirata, e cupamente depressiva ma non è certamente una serie per tutti i palati…
Di mio, consiglio di darci un’occhiata: dopo la prima stagione dovreste aver già preso le misure, e se siete fortunati (come me) arriverete al finale della terza prima di rendervene conto, attendendo impazientemente il proseguo.
Commenti
Cumbrugliume
Dopo uno scetticismo iniziale, pian piano Bojack sta conquistando anche me... è una serie che migliora moltissimo col passare degli episodi
Scrivi un commento
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Sono segnati i campi obbligatori *