Suburra [Recensione]
Premesse velocissime, se volete saltate direttamente al paragrafo sotto:
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Non ho mai visto Romanzo Criminale. Eh oh, lo so, non guardatemi male, pure io ogni tanto mi chiedo perché
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Non ho mai letto niente di Giancarlo De Cataldo all’infuori di qualche sporadico articolo
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Ho in compenso amato follemente Gomorra di Sollima figlio 1, anche più dell’omonimo libro di Saviano e spaventosamente più del film di Garrone
Poi, a beneficio di chi dovesse capitare su questo blog per la prima volta:
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Amo visceralmente il cinema di genere italiano degli anni ‘70
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Apprezzo tantissimo il noir
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Adoro il 90% del “cinema di mafia”
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Sono morbosamente ossessionato dalle vicende politico-malavitose del nostro paese.
Bene, chiariti questi punti, avrete capito da voi che Suburra sembra essere un film fatto apposta per i miei gusti.
E questo nonostante Claudio “Cesaroni” Amendola!2 (si scherza eh!)
Mafia Capitale negli occhi di chi guarda
L’estetica di Sollima è uno spettacolo meraviglioso, complice la bravura di un ottimo Paolo Carnera alla fotografia: già solo questo aspetto tecnico-visuale rende Suburra un film stupendo (e, per quanto scemo possa suonare, che bella pioggia! Roba che manco Matrix si sognava!).
Qualità internazionale, diciamo pure americana, cucita nel più pieno stile italiano.
Mi verrebbe inevitabilmente da fare un discorso simile a quello che scrissi per La Grande Bellezza, ma la verità è che per genere, stile e mentalità io sono naturalmente più portato al cinema di Sollima che a quello di Sorrentino, quindi credo sia meglio tralasciare scomodi paragoni dove non potrei minimamente risultare obbiettivo.
Romanità
Dirò una cosa che potrebbe suonare abbastanza fraintendibile e mi renderà sicuramente impopolare, ma che probabilmente spiega anche il motivo per cui, come dicevo, non mi sono mai visto Romanzo Criminale:
La criminalità romana, cinematograficamente parlando, non mi convince per niente.
Amo un sacco il dialetto e l’accento capitolino, l’ho semplicemente adorato in Arance e Martello, piuttosto che nei vecchi classici di Alberto Sordi (a tratti anche di Tomas Milian), o altri contesti ancora (da Gazebo a Zerocalcare), ma ecco…in opere simili, secondo me, mostra troppo il fianco.
Il romano non si traduce bene con l’epicità criminale degli eventi e delle scene che mostra.
E certo, Suburra narra per massima parte fatti praticamente reali, le inchieste parlano da sole, lo so…ma di fatti la realtà è una cosa, la narrazione è un’altra:
Detta brutalmente, in termini di teatralità, gesti, pathos ed intensità ho trovato il napoletano di Gomorra _uno spettacolo inarrivabile, che linguisticamente eclissa _Suburra.
Ecco, per me passa sempre il vecchio discorso che faceva Fiorello (parlando ovviamente del siciliano).
Datemi pure del terrone alla polenta (ci sta), ma questa percezione ha senz’altro compromesso il mio personale gradimento del film, e siccome siamo su un blog personale e scrivo recensioni personali, pensavo fosse giusto sottolinearlo aldilà di ogni polemica campanilistica.
L’odio
Tutto ciò che il personaggio di Favino rappresenta.In questo film si coglie per massima parte il fulcro di una realtà sotterranea italiana, specificatamente romana, ma senz’altro parzialmente traducibile anche altrove.
Una realtà di droga e mignotte, di corruzione, di palazzi del potere pregni di un’ipocrisia tale che, ragionando di pancia, guardandoli sotto sotto uno pensa che darli in pasto all’ISIS sarebbe pure troppo poco.
Ragionando di testa, d’altro canto, c’è molto buio.
Buio sui perché, sul come sia possibile uscirne, sul se sia possibile uscirne.
Ma, diciamocelo: queste sono frasi fatte del cazzo. Fabiofazismi senza capo ne coda.
L’unica, vera, onesta e personale domanda forse resta la solita:
Da dove inizia ?
Quand’è che la piccola irregolarità del singolo, per effetto domino, inizia piano piano ad allargarsi in un sistema marcio radicato fino al midollo ?
Sono cose che fanno pensare.
Suburra fa pensare, ecco, e questo anche se non è certo un film di denuncia o un servizio di Report:
Suburra resta comunque (ottimo) intrattenimento, ma, forse proprio questo, l’aspetto di cui sopra trascende in modo ancora più viscerale.
Conclusioni
Bello, bellissimo davvero.
Forse un po’ troppo romanzo e un po’ troppo poco criminale nella sua conclusione, ma splendido lo stesso.
Probabilmente troppo concentrato nel suo minutaggio per rapire quanto una Serie TV, ma ottimo uguale.
E non potete capire la mia gioia nel rivedere in Italia questo tipo di film sul grande schermo.
Onestamente, fossi un regista italiano del nostro tempo non vorrei essere nessun’altro all’infuori di Stefano Sollima.
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Figlio perché beh, nel complesso ho visto più opere del Sollima Sergio (dal Corsaro Nero a Sandokan, passando per il capolavoro Città Violenta) ↩
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Per carità Amendola è un bravo attore (in questo film direi pure bravissimo), però, a parte brivido, terrore e raccapriccio dovuti alla fresca memoria de I Cesaroni, c’è anche una ragione personale molto ma molto stronza per cui ho qualche preconcetto su di lui: non riesco a capacitarmi di come il figlio di Sua Maestà Ferruccio possa ritrovarsi quella vociastra lì. ↩
Commenti
Angelo M.
Condivido. Anche se ci sono degli indubbi limiti rispetto alle sue opere televisive, Sollima si riconferma un regista fantastico.
Emerson Edmilson
una volta tanto non ci troviamo completamente d'accordo caro mio!
dunque, per prima cosa condivido un po' le tue remore per il romano, o per meglio dire per il romano pronunciato dall'interprete del tizio di Ostia: detta alla maccio https://www.youtube.com/wat...
non capisco se dovesse risultare minaccioso o cosa, sinceramente mi sembrava sentire De Rossi lamentarsi di un fuorigioco.
Per il resto, l'ho trovato un po' fiacco in più punti e sopratutto totalmente ridicolo nel suo finale...oh, e aggiungiamoci pure che a me Favino come attore non mi convince per nulla
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