Perché il nuovo Ducktales è più bello dell’originale
Al netto delle strizzate d’occhio alla pseudo-gioventù 1 il reboot di Ducktales è davvero bello.
Dovessi dire, lasciando da parte l’ovvia nostalgia del caso, decisamente più interessante e godibile dell’originale del 1987.
Ma come ?! Nella home prometti nostalgia, e mo ci rifili ‘sta sola ?! Accio forconi !
Intendiamoci:
Ci sono cose molto belle nel DuckTales originale, anzitutto il film del 1990 da lui derivato:
Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta, piccola gemma successiva a La Sirenetta che anticipava l’avvento del rinascimento disneyano.
A questo gran bel pezzo d’animazione, s’aggiungono diversi episodi simpatici e soprattutto un comparto tecnico complessivo molto indovinato (disegni ed animazioni erano e restano davvero belli anche a distanza di anni).
Però.
Però c’era un guaio:
Da accanito lettore di Topolino, e nella fattispecie estimatore delle bislacche, caserecce avventure dei Paperi nostrani, a confronto DuckTales l’ho sempre trovato un melenso polpettone americano privo di tutto quel “pepe” che è nei fatti materia principe della nostra scuola disneyana, da Guido Martina in giù.
Insomma: abituato a debiti, intrallazzi, sindaci maiali e maltrattamenti di varia natura inferti dal Paperone fumettistico ai danni del nipotame, recepivo le bonarie avventure dello Zione in DuckTales 2 parecchio noiose e dimenticabili.
Ducktales 2017
Nel reboot la situazione per fortuna è cambiata, virando molto più nella direzione fumettosa:
Sebbene ricopra la medesima bonaria figura, Paperone risulta molto più genuinamente avventuroso e irruente:
In questo senso, il fatto che Paperino risulti una presenza fissa (sebbene spesso esterna alla trama principale dell’episodio) aiuta non poco.
Le strizzate d’occhio
Ovviamente il doppiaggio originale di David Tennant (che a quanto pare fa impazzire svariati - soprattutto svariate - fan del Dr Who), che aldilà del “fanservice uditivo” bisogna riconoscere come scozzesemente perfetto…
Più nello specifico, pesano le inedite figure di Qui Quo Qua, ma soprattutto quella di Gaia.
Le tre giovani marmotte sono infatti pensate per incarnare lo spirito del pischello moderno, il che rende i tre paperotti per una volta decisamente ben caratterizzati e distinguibili.
L’anonima Gaia invece è stata trasformata totalmente:
Emblema (a tratti forzato) della solita, moderna “emancipazione a tutti i costi”, per certi versi mi è sembrata una versione infantile della Jess protagonista di New Girl…il che andrebbe bene, non fosse spesso così centrale da risultare un po’ stucchevole.
E sì, ho appena scritto “stucchevole” in una recensione quindi mi vado a fustigare da solo.
(lei in realtà la trovo adorabile, anche se New Girl l’ho mollato da un pezzo)
Insomma: è bene uscire dal vecchio cliché e creare un nuovo modello per le bambine d’oggi, ci mancherebbe.
Il rischio, però, è quello di saltare da un estremo all’altro, sconfinando nello stereotipo 2.0.
Cuordipietra Famedoro
Anche qui, è un po’ triste vedere la resa macchiettistica di colui che ha sempre rappresentato la nemesi per eccellenza di Paperone:
A differenza del ben più bonario Rockerduck (poco noto al pubblico americano), i classici Bassotti e la nostra cara Amelia, Cuoredipietra è sempre stato inquadrato tra i massimi esempi di malvagità concepibili tra le pagine di un Topolino.
E insomma, vederlo relegato ad una specie di Sergente Garcia mi ha un po’ affranto…un po’ come la ridicolizzazione di LeChuck a partire da The Curse of Monkey Island.
Conclusioni
Prodotto fresco e divertente per tutta la famiglia, il nuovo Ducktales risulta essere una delle migliori operazioni nostalgia degli ultimi anni, e da cui molti potrebbero trarre qualcosa..
Altrimenti basta aspettare un po’, che tanto prima o poi la Disney, vera incarnazione aziendale di PdP, vi si compra tutti.
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pseudo nel senso che l’infanzia per come la si intendeva nel trentennio che passa tra i ‘60 sfiorando i ‘90 per me non esiste più per tanti motivi ↩
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Paperone pare più che altro un buon nonnino un po’ parsimonioso, niente a che vedere con la malsana cupidigia caratteristica della versione a fumetti, che spesso sfocia oltre i limiti del codice penale ↩
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