La Lezione di Vikings
Nessuno Spoiler, tranquilli: solo qualche generica osservazione sparsa nel pieno della quarta stagione.
Cosa c’insegna Vikings ?
Anzitutto che la Storia è sexy.
Anche se non parliamo di un documentario (o di Alberto Angela, per tutte le signorine all’ascolto), le ambientazioni storiche rese bene e con un buon livello di fedeltà offrono molto spesso gli scenari più suggestivi e affascinanti della narrativa a tutti i livelli, e le Serie TV non fanno eccezione (in questo discorso inserirei bene anche Black Sails)
La vera lezione
Ecco, per una volta non sono qui a scrivere recensioni o panoramiche varie, m’interessava semplicemente sottolineare un elemento fondamentale che altrove viene fin troppo spesso trascurato:
il tempo.
The Times They Are a-Changin’
Attraversare dinastie, mondi e forse intere epoche sfruttando le vite dei personaggi protagonisti:
è uno strumento di racconto potentissimo, stupendo, che soprattutto permette di mostrare solo ciò che val la pena essere visto:
Non c’è bisogno di filler:
Quando un determinato arco narrativo si è chiuso, passare oltre di anni (se non decenni) è perfetto e terapeutico per molte storie ad ampio respiro, evitando stagnazioni e retorica, potendo tra l’altro mettere in mostra un’altra faccenda molto importante:
le conseguenze.
Perché nella vita difficilmente quest’ultime si presentano alla nostra porta subito dopo le rispettive azioni scatenanti (oddio, almeno se di nome non fate Alessandro Magno, Gran Maestro di tutti gli Speedrun di questo mondo).
Allo stesso modo, in genere una persona è ciò che è ed avrà un determinato futuro in base a quello che ha fatto, subito o deciso nel proprio passato:
è questo che crea profondità, attaccamento, empatia e un senso di realtà tutto particolare nello sviluppo di personaggi (è il caso di dirlo) memorabili.
La “palude” di Westeros
E guardando Vikings, sempre più innamorato e affascinato dagli elementi appena descritti, inevitabilmente mi ritrovo a riflettere sulle mie lamentele nei confronti del celeberrimo Game of Thrones:
In più occasioni infatti ho trovato GoT estremamente stagnante o forzatamente veloce, credo proprio per la necessità di dover condesare tutto (e niente) in un arco di tempo relativamente stretto 1.
Ovviamente, oltre all’ovvietà del fatto che parliamo di opere comunque parecchio diverse (specifichiamolo sempre che non si sa mai) lì entra in gioco anche la sempre scomoda faccenda dell’adattamento, il gravoso compito della trasposizione di un’opera nata originariamente con un altro formato in testa.
Eppure io credo che quella staticità di fondo, quel senso di lentezza da telenovela, siano insiti già in certi capitoli di Martin 2 e che, allargandola, rappresentino una faccenda propria a molto del panorama seriale moderno (comprese tante belle robe della Marvel, per dire).
Nei Videogame
Ragionandoci questa cosa del Tempo mi piacerebbe fosse più considerata anche in parecchi videogiochi:
è dai tempi di Morrowind che l’idea mi stuzzica, e del resto credo sia un passo quasi fondamentale per la serie Elder Scrolls (e non solo):
Per intenderci…che senso ha salvare Tamriel, comandare due (tre, quattro, ventordici) gilde, sposarsi, avere figli e diventare Signori & Padroni di una terra in tu’hum -ulto se nel mondo di gioco sono passati qualcosa come tre miseri mesi?
Facendo affidamento sulla mia precaria memoria, il prologo/tutorial di Fallout 3 è forse l’ultimo prodotto moderno che ha realizzato qualcosina di davvero originale in questo senso (ovviamente parlando di singoli RPG e non di saghe o titoli gestionali).
Eppure, in termini più incisivi, forse il videogame più innovativo resta sempre il caro Sid Meier’s Pirates! (classe 1987 con relativo remake nel 2004) dove il nostro personaggio invecchiava e, prima o poi, inesorabilmente moriva…anche perché, siccome con l’età subentravano tutti i malus del caso, la difficoltà di faccende come i combattimenti aveva una sua progressione letteralmente naturale.
Fiordi Profondi
Tornando al nostro soggetto, Vikings è una serie che merita assolutamente di essere vista da tutti, anche se il sottoscritto è un po’ di parte (essendo innamorato di storia e mitologia in generale, nonché molti elementi della cultura norrena) credo possa intrigare e coinvolgere anche un pubblico che non prova particolare amore per vichinghi o Medioevo:
Ci sono attori fantastici, c’è una fotografia squisitamente sobria ma d’effetto, una sceneggiatura solida e ispirata, ma soprattutto una regia favolosa:
Vikings infatti, nonostante alcune scelte evidentemente low-budget rispetto ad altre produzioni, conta le battaglie meglio dirette nel piccolo schermo per il mio gusto personale nonché, nella propria narrativa, un’audace rappresentazione di religione, esistenzialismo e spiritualità.
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e ricordo che parliamo di SETTE Stagioni ↩
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e ora, non fraintendetemi: nel complesso le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco a me piacciono, quindi non voglio fare il bastian contrario, solo che ultimamente in più di un’occasione mi ritrovo schiacciato tra un’inevitabile 70% di noia in rapporto ad un 30% di curiosità ↩
Commenti
Federico Spinelli
più che altro il fatto grave è che game of thrones lo conoscono i sassi, mentre vikings rimane sempre troppo in sordina.
Cumbrugliume
concordo anche io sullo splendore di Vikings, che zitto zitto conservando un certo rigore storico riesce anche a fare discorsi non banali su religione, etica, famiglia, storia, ruolo femminile...
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