Come si fanno i videogiochi: è un male saperlo ?
Se sveli i tuoi trucchi, sei un mago del cazzo
Mi pare dicesse più o meno così Marilyn Manson, riportato in una vecchia intervista nel primo numero dell’edizione italiana di Rolling Stones nel novembre del 2003. (14 anni. Dico io, ma siamo impazziti ?!)
Sempre nel 2003, il sottoscritto scoprì per la prima volta uno dei più celeberrimi software dedicati allo sviluppo di videogiochi amatoriali:
il nipponico RPG Maker , sviluppato da Ascii (Enterbrain). 1
Rimasi completamente estasiato dalla semplicità e dalle possibilità offerte dal programma, come penso sia capitato a tutti i pischelli aspiranti “game designer” venuti su a pane & Final Fantasy.
Eppure, fu proprio a seguito di quello stesso entusiasmo che nacque in me un’ansia del tutto particolare, con cui convivo tuttora:
Avendo “sperimentato” lo sviluppo dei videogames, iniziai a vedere quest’ultimi con occhi del tutto diversi.
Sospensione dell’Incredulità
Per intenderci:
Nei miei periodi di editing più intensi, mi ritrovavo a giocare finendo per concentrarmi su aspetti meramente “tecnici”, e questo molto spesso andava a scapito dell’attenzione per dialoghi, trama ed immersione:
Ah quindi se faccio questo combattimento uno script sblocca un determinato dialogo e la ragazza muore, mentre in caso contrario scatta lo switch che determina l’implosione del mondo…potrei tentare di realizzare qualcosa di simile creando un “evento” con una “condizione se”
Senza andare troppo nello specifico, penso sia un discorso allargabile ad un sacco di campi:
Per esempio chi ha fatto cinema, che da spettatore potrebbe dimenticarsi della trama di un film per identificare il girato di determinate sequenze, o ancora un musicista che può dedurre scale, ritmi e giri armonici triti e ritriti in una canzone tralasciandone magari il “gusto poetico”, e così via.
Vale, insomma, per chiunque si sia cimentato nel seguente impegno:
Decodificare un Linguaggio
Laddove “Linguaggio” va inteso non solo nell’ambito della programmazione, ma come detto applicato a molte altre faccende umane.
È un po’ una versione sofisticata dell’umana curiosità, il bisogno di capire come funziona ciò che ci appassiona.
Il dramma è che questo “dietro le quinte” molto spesso fa inevitabilmente scoppiare la bolla dell’immaginazione, rischiando talvolta di rendere il videogioco un passatempo parecchio più “meccanico” e freddo.
Morale
I know what you’re thinking, ‘cause right now I’m thinking the same thing. Actually, I’ve been thinking it ever since I got here: Why oh why didn’t I take the BLUE pill?
Nella mia infinita presunzione temo che questa forma mentis interessi buona parte dei game developer professionisti, molto spesso dei cuochi a digiuno.
Tutto ‘sto pippone, per dire che oggi come oggi io consiglio sempre di seguire la filosofia di quel sant’uomo di Cypher:
-
preciso che all’epoca mi pare che la versione 2003 fosse in dirittura d’arrivo, io misi le mani sul precedente, gloriosissimo Rpg Maker 2000 ↩
Commenti
Godric
mai provato a fare videogiochi, ma il discorso mi ha colpito molto perchè io personalmente lo vivo molto con twitch, achievement e tutto quell'aspetto da gaming competitivo che caratterizza il settore da una decade o giù di lì.
A tratti credo sia un modo per giustficare un passatempo infantile (com'era esclusivamente percepito fino a non molto tempo fa) mettendoci aspetti competitivi presi in prestito dallo sport, possibilità di carriera lavorativa o altro: della serie, gioco perché mi piace ma comunque ottengo anche un vantaggio concreto in termini di vita reale e prospettive...tutte cose di cui un bambino se ne frega altamente, ma che per un over 30 attaccato a giochi che vanno aldilà del PES di turno possono avere un certo peso.
Xab
Perdonami mi ero perso il tuo post tra mille notifiche! 😨
Che dire? Con ogni probabilità hai centrato il punto...mi ricordo che attorno al 2003 si facevano i mondiali di Unreal Tournament e la cosa ci stava alla grande nel contesto degli e-sports, oggi appare tutto più "liquido" e bulimico, una specie di concerto dove suona contemporaneamente tutto il pubblico, e sempre una canzone diversa
Forse il buon periodo degli indie si deve anche a questo aspetto, idem lo stile Nintendo che nonostante qualche passo falso resta ancora di successo e molto vicino all'idea di "gioco" nel senso più puro.
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