Perché guardare Sanremo

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Me lo chiedono ogni anno in molti, ed è curioso notare come in tre anni di blog io abbia sommariamente “recensito” tutte le edizioni senza fare una piega:

  1. Sanremo 2013
  2. Sanremo 2014
  3. Sanremo 2015

Sanremo fa schifo è uno slogan parecchio facilone, anche se spesso veritiero, come veritieri sono l’immane spesa ed il considerevole intrallazzo che ogni anno il festival si porta appresso.

Ci sarebbero molte cose da dire su questo punto, ma sono sicuro che un aspirante Beppe Grillo potrebbe elencarle meglio di me, quindi saltiamolo un po’.

Perché guardo Sanremo, dicevamo.

Tradizione

modugno

Io sono tutto fuorché un conservatore, ma ammetto di avere un debole per il concetto di consuetudine annuale collettiva.

Probabilmente ha a che fare con la mia passione per la storia:

il fatto stesso che un evento si ripeta pedissequamente in un determinato periodo dell’anno spinge, inevitabilmente, a ricordare.

A fare paragoni con le edizioni precedenti, con le Italie precedenti.

E questo, in un paese che di base memoria storica praticamente non ne ha, ha un suo valore.

Spettacolo

C’è da dire poi che Il format del “grande varietà” con lustrini e paillette a me affascina, anche quando finisce per annoiarmi (perché dopo 8 ore di palle ci si scogliona della grossa, è naturale)

C’è sempre dietro un certo decadentismo, nello sfarzo e nello splendore ostentati:

Per ogni grande festa, c’è sempre un Titanic che affonda, un Gatsby che piange.

shining
O un Jack Nicholson che tenta di ammazzare la moglie

Tutto molto vecchio, molto classico, sì…

però a suo modo più profondo, caratterizzato e dal sapore pur sempre genuino nella sua falsità tradizionale, rispetto ai format di talent e reality fatti di plastica americana wannabe.

Un po’ come al ristorante, dove vi serviranno pure gli avanzi della sera prima, ma se non altro sono i nostri avanzi, la nostra merda, non un panino uguale a quello di altri miliardi di fast food in giro per il mondo.

Politica

grillo

Solitamente a Sanremo si fotografa molto precisamente la società dell’Italia “bene”, governo incluso:

  • Nel Sanremo del 2012 Rocco Papaleo (che è pure un buon attore) arrivò, nella veste di comico, ai limiti dell’operazione simpatia per il Governo Monti (che a pensarci adesso sembrano passati vent’anni…)

  • Nel 2013 Maurizio Crozza butto lì il suo pezzo di satira molto leggera (e simpatica), rimasta celebre perché contestata da uno o più spettatori destrosi

  • Nel 2014 la presenza di Beppe Grillo tra gli spettatori scatenò un piccolo putiferio, con tanto di comizio (giusto per non rivangare le sue performance degli anni ‘80)

Ovviamente, l’elenco potrebbe continuare per un bel po’ e per comodità ho citato a memoria solo alcuni dei casi più recenti.

Musica

queen
(e comunque andremo tutti all'inferno in quanto nazione che ha fatto suonare i Queen in Playback)

Tralasciando il fatto che un qualsiasi cosa contempli la presenza degli Elio e le Storie Tese merita di essere ascoltato (e visto) almeno in parte, bisogna considerare che non tutto ciò che passa da Sanremo è automaticamente da buttare (o quasi)

Per dirne una, la cover di Annalisa di Ti sento dell’anno scorsa mi è piaciuta tantissimo (ovviamente evitando scomodi paragoni con Antonella Ruggiero, e con tanti meriti dell’orchestra)

Oppure, per stare sui brani originali, Nina Zilli sempre nel 2015 cacciò fuori un classicissimo pop-blues davvero niente male.

Meglio ancora in senso musicale (ovviamente) passa dagli ospiti: dalla PFM a David Garrett o il venturo Sir Elton John, le ospitate spesso e volentieri hanno rubato la scena ai cantanti in gara.

“Almeno questa volta suono live, e checazz!”

Poi certo, non prendiamoci in giro: la musica è forse l’ultimo dei motivi per cui si guarda Sanremo, ammettiamolo:

il concetto di competizione applicato alla musica è di per se una scemenza, e delle canzoni difficilmente ci si ricorda.

Quel che conta, è proprio ciò che si rinnega: il carrozzone! (no, non nel senso di Renato Zero)

Conclusioni

Esistono modi migliori per passare il proprio tempo ?

Assolutamente sì, a bizzeffe.

Sanremo è un lusso anche in questo, è uno spreco consapevole e un po’ morboso, una sorta di autopsia dell’establishment del nostro intrattenimento (e non solo).

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