Charlie Hebdo ed il Clickbait provocatorio
Sulla questione Charlie Hebdo e le vignette con il recente terremoto del 24 agosto come soggetto non scriverò nulla nel dettaglio, anche perché già in tempi non sospetti buttavo lì i miei 2 cent su come la penso in merito, e non ho cambiato idea:
Finché è legale, pubblichino tutto quello che vogliono.
Personalmente, conoscendo il loro stile ed il mio gusto, difficilmente mi disturberò ad andarmi a cercare un loro contenuto…
Viralità
…ma capita che, soprattutto in un mondo social come il nostro, il contenuto venga a cercare te : basta una rapida capatina su Twitter o Facebook, piuttosto che un giro tra i media tradizionali:
anche per questo, il famoso discorso del “se non ti interessa non lo guardare, passa oltre” risulta decisamente obsoleto nella nostra contemporaneità.
La protesta silenziosa
Cosa può fare l’utente medio, dunque ?
Beh, in realtà niente di troppo diverso dal classico “passa oltre” di cui sopra…ma che mi piacerebbe suonasse più come un “considerali senza abboccare”.
Preciso che ora non sto pensando a Charlie Hebdo nel dettaglio (che anzi, è provocatorio per sua natura più che per particolari scelte di marketing) ma a tutto ciò che concerne il fenomeno del clickbaiting
La regola dell’euro mentale
Secondo me basterebbe fare questo piccolo gioco:
supponiamo che, per ogni nostra condivisione, retweet o singolo click diretto a questo o quel sito internet, stessimo tirando fuori un euro dal nostro portafogli.
Nella realtà facciamo di peggio: regaliamo del tempo, qualcosa che idealmente dovrebbe essere inestimabile, e che (soprattutto) nessuno ci potrà mai rimborsare…ma, essendo un concetto abbastanza astratto, credo non riesca ad avere la stessa presa dell’idea di regalare dei soldi :
Che, attenzione, è quello che in ogni caso facciamo se abbocchiamo.
Per esempio, è molto divertente leggere i titoli delle buffonate che passano da Ah ma non è Lercio, cliccare la loro fonte d’origine però è un euro mentale investito nel mercato della cazzata, per non dire nella bufala (che è pure peggio), quindi bisognerebbe rifletterci bene, soprattutto ragionando sulla qualità media degli articoli dei quotidiani online.
L’importanza del lento esitare
Per citare il solito Lord Henry da Il ritratto di Dorian Grey di Oscar Wilde:
È sciocco, perché in questo mondo c’è una sola cosa peggiore del far parlar di sé, ed è il non far parlar di sé.
È una cosa che più o meno tutti sappiamo, ed è una cosa che nel frenetico attimo che precede l’invitantissimo click puntualmente ci dimentichiamo.
Ecco, prima di ogni senso di curiosità, rabbia o indignazione più o meno morbosa…se non di Oscar Wilde, ricordatevi almeno della storiella dell’euro qui sopra.
Commenti
Geco
...aldilà del discorso si conferma che la satira non è cosa nostra evidentemente, o almeno per la maggior parte degli italiani. Io l'ho trovata una vignetta superba.
Xab
Storicamente eccetto i Greci penso che pochi possano vantare un "patrimonio satirico" vasto come il nostro, quindi direi che la satira è cosa nostra eccome.
Poi:
A me la vignetta ha fatto schifo. Non mi ha indignato, fatto arrabbiare o stracciare le vesti...mi ha fatto inarcare un sopracciglio ed esclamare un "ma davvero?", seguito da un "vabbè, è charlie hebdo".
Rappresentare le vittime del terremoto come piatti di pasta è una satira fatta per generare rumore fine a se stesso, come una pernacchia ad un funerale: forse la si potrebbe giustificare con un "è la rappresentazione di quanto poco valga la vita umana" che è un concetto di una banalità sconcertante, esattamente come "le case fatte dalla mafia".
Mi ricorda un po' quando Grillo postò Renzi in guisa di pilota della German Airwings: livello bassissimo pure quello, e nessuno si è preso la briga di doverlo difendere perché non l'aveva prodotto la raffinata intellighenzia francese
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